Concorrenza tra piattaforme o all'interno di una piattaforma?



Oggi la TV che conosciamo compete su due piattaforme: da un lato la TV terrestre, dall'altra la TV satellitare.

Nella Tv terrestre esiste una competizione che si sta spostando dall'analogico al digitale terrestre; la piattaforma di TV terrestre è una piattaforma che, per quanto descritto nel primo paragrafo, presenta competizione all'interno della piattaforma, una competizione governata a livello normativo con assegnazione di frequenze, ecc..

La piattaforma satellitare nel gioco della competizione televisiva gioca un ruolo secondario per le note limitazioni tra cui i problemi di diffusione all'interno delle abitazioni, all'esistenza di un canone, ai ridotti proventi pubblicitari e alla installazione delle antenne.

Sebbene la competizione all'interno della piattaforma satellitare sia sostanzialmente inesistente (grazie alla blindatura del canale assicurata da set top box ed emissioni con sistemi DRM proprietari), proprio a causa della sua secondarietà non costituisce una minaccia alla competizione televisiva e comunque, grazie alla neutralità dell'etere, un intervento normativo di carattere non eccezionale può ricostituire competizione, se dovessero mutare le condizioni.

Il cavo finora rappresenta un mezzo neutrale in cui vi è competizione su servizi e contenuti all'interno della piattaforma, una possibile linea di sviluppo consentita dall'evoluzione tecnologica.

Al contrario, le applicazioni (o mancate applicazioni) attuali della normativa pertinente, lasciano presagire una tendenza in cui anche il cavo resterà sostanzialmente una piattaforma chiusa.

A differenza della TV satellitare, per quanto osservato in precedenza, il ruolo della TV via cavo è destinato ad accrescersi sensibilmente nei prossimi lustri ponendosi rapidamente come reale piattaforma concorrente alla piattaforma terreste

A differenza della piattaforma terrestre, la piattaforma via cavo rischia di rimanere chiusa per costruzione (se ne viene consentito lo sviluppo secondo le tendenze in atto) ed una sua eventuale susseguente apertura richiederà interventi normativi a carattere fortemente straordinario, di difficile attuazione.

Consentire la partenza del servizio nei termini in cui è avvenuto il lancio commerciale di qualche mese or sono significa - come si diceva - porsi al di fuori dei principi su cui è costruito l'attuale ordinamento delle comunicazioni. Ciò anche per le seguenti considerazioni di ordine regolamentare:

  • La Direttiva Quadro (2002/21/CE) prevede che "Al fine di garantire il libero flusso delle informazioni, il pluralismo dei mezzi d'informazione e la diversità culturale dovrebbe essere promossa l'interoperabilità dei servizi televisivi digitali interattivi e delle apparecchiature terminali avanzate per la televisione digitale, a livello del consumatore E` auspicabile che i consumatori possano ricevere, a prescindere dal modo di trasmissione, tutti i servizi della televisione digitale interattiva, tenuto conto della neutralità tecnologica, del futuro progresso tecnologico, dell'esigenza di promuovere il passaggio alla televisione digitale e dello stato della concorrenza nei mercati dei servizi della televisione digitale I fornitori delle piattaforme di televisione digitale interattiva dovrebbero tendere ad applicare un'"application programming interface" (API) aperta, conforme agli standard o alle specifiche adottate da un organismo di normalizzazione europeo. Il passaggio dalle esistenti API alle nuove API aperte dovrebbe essere incoraggiato e organizzato, per esempio attraverso un memorandum d'intesa fra tutti gli operatori del mercato interessato. Le API aperte facilitano l'interoperabilità vale a dire la trasportabilità di contenuti interattivi fra meccanismi di fornitura e la piena funzionalita` di tali contenuti sulle apparecchiature terminali avanzate. Si dovrebbe tener tuttavia conto dell'esigenza di non impedire il funzionamento dell'apparecchiatura ricevente e di proteggerla da attacchi dolosi, per esempio da virus." (Considerando 31); tuttavia, nessuna procedura in tal senso è stata disposta in Italia riguardo alle specifiche del servizio di televisione digitale "AliceTV" che è chiuso all'interoperabilità.

  • La medesima Direttiva Quadro prevede che "`è necessario separare la disciplina dei mezzi di trasmissione dalla disciplina dei contenuti. Di conseguenza, il presente quadro normativo non si applica ai contenuti dei servizi forniti mediante reti di comunicazione elettronica che utilizzano servizi di comunicazione elettronica, come i contenuti delle emissioni radiotelevisive, i servizi finanziari e taluni servizi della societa` dell'informazione e lascia quindi impregiudicate le misure adottate a livello comunitario o nazionale riguardo a tali servizi in ottemperanza alla normativa comunitaria, per promuovere la diversita` culturale e linguistica e per assicurare la difesa del pluralismo dei mezzi di informazione Il contenuto dei programmi televisivi e` disciplinato dalla direttiva 89/552/CEE del Consiglio del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attivita` televisive La separazione della disciplina dei mezzi di trasmissione dalla disciplina dei contenuti non incide sul riconoscimento dei collegamenti fra i due aspetti, in particolare al fine di garantire il pluralismo dei mezzi di informazione, la diversita` culturale e la protezione dei consumatori." (Considerando 5); i servizi di IPTV - a metà tra televisione e comunicazione elettronica - non avendo chiare regole devono tuttora dimostrare di fornire le citate garanzie di pluralismo, diversità culturale e protezione dei consumatori.


I promotori di questo appello sono infatti a favore dell'IPTV ma vogliono che tale servizio si svolga in un contesto regolato secondo i principi del diritto comunitario, così come la proposta di provvedimento dell'Autorità delle Comunicazioni fa per le altre modalità di diffusione radiotelevisiva.

Tali principi prevedono, in sostanza, che i contenuti seguano regole specifiche per i contenuti, derivate dalle regole della televisione, mentre le reti seguono le regole della comunicazione elettronica, volte a creare un quadro interconnesso, interoperabile, non discriminatorio e concorrenziale.

Perché quanto appena descritto avvenga è importante che venga messa a punto la riforma della c.d. Direttiva "TV senza frontiere" (Direttiva 89/552/CEE, modificata dalla Direttiva 97/36/CE). Le regole della televisione attuali sono infatti del 1989 e quindi "precedenti" alla diffusione di Internet, non prevedono fenomeni come i contenuti digitali, l'IPTV, il timeshifting ed attendono l'approvazione di una importante riforma che coordinerebbe le regole delle reti con quelle dei contenuti per tutelare il consumatore e che porta il nome di "Audiovisual Media Services Directive".

Il regolatore, comunitario e nazionale, non si deve allora "tirare indietro" in questo cruciale momento ripetendo quanto già accaduto in passato in Italia con le frequenze analogiche, lasciate alla mercè del mercato prima che le relative regole e il piano frequenze fossero a punto.

Una volta infatti che un servizio prende forma e si diffonde presso l'utenza è molto complesso passare ad un sistema che prevede una pluralità di gestori in regime di interoperabilità - come dimostra il notevole sforzo regolamentare necessario per realizzare l'unbundling del local loop - e si perdono anni preziosi in termini di innovazione e competitività.

Infine, si sottolinea come la normativa sul decoder unico in Italia sia stata abrogata dal D.Lgs. 177/2005 (Testo Unico Radiotelevisione, art. 54) senza un momento di contraddittorio con gli stakeholders. Il ripristino di un adeguato contesto normativo in materia di decoder unico, opportunamente aggiornato ai nuovi scenari tecnologici, sarebbe un prezioso elemento per consentire la piena attuazione dei principi comunitari e nazionali in materia di interoperabilità e televisione digitale.


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